Mohandas Karamchand Gandhi è stato uno dei padri fondatori del moderno stato dell’India ed un fervente sostenitore della satyagraha (protesta non-violenta) come mezzo di rivoluzione. Il principio della satyagraha (“vera forza”) di Gandhi ha ispirato generazioni di attivisti democratici e contro il razzismo, inclusi Martin Luther King e Nelson Mandela. I suoi valori erano semplici, tratti dall’induismo tradizionale: verità (satya) e non-violenza (ahimsa).

Guadagnò fama mondiale attraverso la sua linea di condotta di disobbedienza civile e l’uso del digiuno come forma di protesta, e fu ripetutamente imprigionato dalle autorità britanniche. Condivise la teoria del “diritto alla resistenza” (Locke), secondo cui è legittimo – se non doveroso – che le masse popolari si ribellino contro le autorità sociali e politiche, quando subiscono una evidente e intollerabile situazione di ingiustizia; innovando in modo imponente questa teoria, ponendo una censura epocale tra questa e le altre idee di rivoluzione. Non predicava la non-violenza come forma di passività e rassegnazione all’ingiustizia, perché assoggettarsi vigliaccamente all’oppressione significa annientare la propria umanità: «Nel caso in cui l’unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e la violenza, io consiglierei la violenza». E ancora: «Nessun uomo può essere attivamente non-violento, e non ribellarsi contro l’ingiustizia, dovunque si verifichi». La disobbedienza civile consiste nel violare in modo pubblico leggi o comandi amministrativi ritenuti evidentemente ingiusti, accettando però le punizioni previste dalla legislazione vigente per le violazioni commesse.

L’essere umano è sia animale sia spirito. Come animale l’essere umano basa il suo rapporto col mondo sulla trasformazione materiale dei corpi e dunque sull’uso della forza, sulla himsa; come spirito l’essere umano fonda le sue relazioni col mondo sulla comunicazione verbale e sulla persuasione razionale, dunque sulla ahimsa. Il progresso è umanizzazione dell’uomo, dunque graduale affermazione della sua identità specifica, del suo essere spirito. Il progresso è di conseguenza la graduale riduzione del tasso di violenza (himsa) presente nei rapporti umani, e graduale affermazione della verità e della ahimsa, cioè del bene e della giustizia, nella vita sociale e politica.

Se la giustizia è riduzione del tasso di violenza presente nella società, la lotta per la giustizia non può essere attuata con una resistenza violenta, che inevitabilmente porta ad un aumento – sia pure in via transitoria –del tasso di violenza insito nei rapporti umani. Il mezzo deve essere coerente con il fine; non si può adottare un mezzo che porta alla negazione del fine. Se il fine della lotta per la giustizia è la ahimsa, cioè la negazione della violenza nei rapporti umani, non lo si può realizzare facendo ricorso alla violenza.

“Ma qual è il mezzo con il quale l’uomo giusto può proporsi di affermare la Verità e dunque la ahimsa nei rapporti umani? L’unico mezzo possibile, secondo Gandhi, è la persuasione razionale di coloro che con i loro comportamenti violenti causano ingiustizia: «Bisogna convertire l’avversario ad aprire le sue orecchie alla voce della ragione». Persuadere, ma non costringere; convertire, ma non obbligare.

Il giusto non deve essere mosso dall’ira e dall’odio per l’avversario: deve combattere l’ingiustizia, ma non l’ingiusto (“l’errore e non l’errante”, come diceva Papa Giovanni XXIII), e deve avere sempre fede nella possibilità che anche l’uomo più ingiusto si possa convertire alla causa della giustizia.

Il guaio dei nostri tempi è che il futuro non è più quello di una volta. La tensione pro-attiva al futuro passa certamente da una comprensione degli errori del passato. « Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformate in azioni».

Roberto Zintl