R e s p o n s a b i l i t à è una delle parole più usate in questo periodo, così come i suoi sinonimi e i suoi contrari: “dobbiamo essere responsabili”, “se non stai a casa sei un irresponsabile”, “ci salverà solo la responsabilità collettiva”,…
Ma quanto siamo davvero consapevoli del suo significato? Quanto davvero le nostre azioni quotidiane sono illuminate dal suo autentico significato? E quanto ci assumiamo la responsabilità di quando usiamo la parola responsabilità?
Se partiamo dall’etimologia (“Rispondere abil-mente delle proprie azioni, consapevoli dell’impatto che esse hanno sugli altri e sul contesto) c’è già molto, ma non tutto.
Manca la sua contrapposizione con il concetto di colpa, che ci illumina su tre aspetti cruciali: il legame tra responsabilità ed errore, il legame tra esponsabilità e futuro, il legame tra responsabilità e punto di osservazione interno.
Perché una persona responsabile sa riconoscere gli errori che commette, ma senza farsi paralizzare dalla paura di sbagliare di nuovo; sa tornare all’errore per analizzarlo al fine di trovare una strategia per non ripeterlo la volta successiva, senza farsi intrappolare dall’autocommiserazione per il suo senso di inadeguatezza.
Perché una persona responsabile guarda al futuro, è costantemente orientata alla sua crescita personale, è convinta di poter determinare il proprio miglioramento: il passato è solo un archivio di azioni da cui trarre un insegnamento.
Perché una persona responsabile guarda dentro di sé e porta l’attenzione a ciò che accade dentro di sé. Un “dentro” che, in questa particolare circostanza che ci riguarda tutti, è diventato multidimensionale: la dimensione fisica delle mura della nostra casa, quella affettiva delle relazioni familiari, quella metaforica della nostra solitudine.
“Stare a casa” significa esplorare ciascuna di queste dimensioni: “stare in casa” responsabilmente significa esplorare queste dimensioni senza cercare giustificazioni e alibi al di fuori di sé. Significa chiedersi, ogni giorno: “Cosa posso fare IO in questa situazione?”, “Qual è l’impatto dei comportamenti che IO scelgo di agire?”, “Come posso trasformare questa situazione in un’opportunità di scoperta di nuovi modi di pensare e di vivere il mio tempo?”
Invece, molte delle reazioni urlate sui social media e sulla stampa (moltiplicate da distruttive logiche di spettacolarizzazione), stanno rivelando un mindset tutt’altro che orientato alla responsabilizzazione: la tendenza a trovare a tutti i costi un colpevole altro da sé, il bisogno di sfogarsi con le scelte fatte da altri, l’abitudine di scovare gli errori commessi con il solo obiettivo di alimentare il proprio rancore, sono tutti comportamenti disfunzionali ed involutivi.
Perché sono senza futuro e perché guardano altrove, guardano “fuori” da quel “dentro” dove dovremmo imparare a stare.
Proviamo a smettere di fuggire al di fuori di noi per trovare le soluzioni per noi.
Proviamo a smettere di trovare la soluzione al disagio al di fuori del disagio.
Proviamo a smettere di incolpare gli altri, e cerchiamo di approfondire la conoscenza dell’unico individuo in grado di farci uscire da questa quarantena un po’ cresciuti rispetto a quando ci siamo entrati: IO.
Martina Grotto
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