Non esiste un solo Io ideale, ognuno di noi può essere visto in maniera differente a seconda del contesto che vive. « Il nostro spirito consiste di frammenti, o meglio, di elementi distinti, più o meno in rapporto tra loro, i quali si possono scomporre e ricomporre in un nuovo aggregamento, così che ne risulti una nuova personalità, che pur fuori dalla coscienza dell’io normale, ha una propria coscienza a parte, indipendente, la quale si manifesta viva e in atto […]Talchè veramente può dirsi che due persone vivono, agiscono a un tempo, ciascuna per proprio conto, nel medesimo individuo. Con gli elementi del nostro io noi possiamo perciò comporre, costruire in noi stessi altre individualità, altri esseri con propria coscienza, con propria intelligenza, vivi e in atto. »
In questo estratto di Pirandello troviamo l’interiorità dell’introspezione, cioè l’analisi di tutto quello che una persona consciamente o inconsciamente fa. La vita è un flusso continuo che per un destino è stato chiusa dentro una forma. Le forme sono i concetti e gli ideali che ogni persona crea per cercare di fermare questo flusso; ma troppo spesso questo fa crollare tutte le barriere che abbiamo creato per arrestarlo. Il romanzo chiave di Pirandello è Uno, nessuno e centomila: “uno” perché ogni persona crede di essere un individuo unico con caratteristiche particolari; “centomila” perché noi abbiamo tante personalità quante sono le persone che ci osservano; “nessuno” perché se ho 100’000 personalità allora non ne ho nessuna perché nel continuo cambiare non sono capace di fermarmi nel mio vero “io”.
Il problema che incontriamo nella nostra vita di tutti i giorni, anche in azienda, è confondere le nostre certezze su di noi con le nostre azioni espresse: pensare che gli altri ci vedano come “siamo” e non come ci comportiamo effettivamente in quel contesto. Il fatto che una determinata idea o concetto che ci appartiene sia sempre stato nello stesso modo non significa per forza che sia oggettivamente vera per gli altri, cioè non può essere di immediata percezione il semplice fatto che lo pensiamo.
Saper applicare una logica del diverso, è saper ascoltare e dare valore anche a punti di vista completamente diversi che incontriamo, magari che inizialmente ci sembrano assurdi o ridicoli, ma che in realtà sono semplicemente possibilità che non abbiamo ancora considerato. E’ un buon esercizio provare ad apprezzare punti di vista molto lontani dal nostro e dare credito a persone molto differenti da noi, che magari non ci conoscono, ma che avendo percezione di noi in un contesto specifico ci permetteranno di allargare la nostra visuale, osservandoci in maniera particolare.
Lo scopo del feedback non è tanto di essere vero quanto di essere efficace. Nel feedback che esclude il diverso, l’espressione deve essere sempre nel vero, quindi il giudizio interviene in ogni fase. Non è permesso sbagliare o includere ciò che solitamente escludiamo. Il feedback ha valore, invece, proprio perché riesce a farci visualizzare ciò che abbiamo espresso in quel momento.
Non dobbiamo avere paura di esplorare la nostra area cieca, che è un nemico se rimane sconosciuta, un valore aggiunto se viene indagata. Capire le motivazione che portano le persone a rappresentarci in un determinato modo ci aiuta ad acquisire una nuova consapevolezza di noi e a cogliere comportamenti volontari e involontari che abbiamo espresso e che sono stati percepiti oltre alle nostre intenzioni o semplicemente in modo differente.
Non esiste un solo Io ideale, ognuno di noi può essere visto in maniera differente a seconda del contesto che vive. « Il nostro spirito consiste di frammenti, o meglio, di elementi distinti, più o meno in rapporto tra loro, i quali si possono scomporre e ricomporre in un nuovo aggregamento, così che ne risulti una nuova personalità, che pur fuori dalla coscienza dell’io normale, ha una propria coscienza a parte, indipendente, la quale si manifesta viva e in atto […]Talchè veramente può dirsi che due persone vivono, agiscono a un tempo, ciascuna per proprio conto, nel medesimo individuo. Con gli elementi del nostro io noi possiamo perciò comporre, costruire in noi stessi altre individualità, altri esseri con propria coscienza, con propria intelligenza, vivi e in atto. »
In questo estratto di Pirandello troviamo l’interiorità dell’introspezione, cioè l’analisi di tutto quello che una persona consciamente o inconsciamente fa. La vita è un flusso continuo che per un destino è stato chiusa dentro una forma. Le forme sono i concetti e gli ideali che ogni persona crea per cercare di fermare questo flusso; ma troppo spesso questo fa crollare tutte le barriere che abbiamo creato per arrestarlo. Il romanzo chiave di Pirandello è Uno, nessuno e centomila: “uno” perché ogni persona crede di essere un individuo unico con caratteristiche particolari; “centomila” perché noi abbiamo tante personalità quante sono le persone che ci osservano; “nessuno” perché se ho 100’000 personalità allora non ne ho nessuna perché nel continuo cambiare non sono capace di fermarmi nel mio vero “io”.
Il problema che incontriamo nella nostra vita di tutti i giorni, anche in azienda, è confondere le nostre certezze su di noi con le nostre azioni espresse: pensare che gli altri ci vedano come “siamo” e non come ci comportiamo effettivamente in quel contesto. Il fatto che una determinata idea o concetto che ci appartiene sia sempre stato nello stesso modo non significa per forza che sia oggettivamente vera per gli altri, cioè non può essere di immediata percezione il semplice fatto che lo pensiamo.
Saper applicare una logica del diverso, è saper ascoltare e dare valore anche a punti di vista completamente diversi che incontriamo, magari che inizialmente ci sembrano assurdi o ridicoli, ma che in realtà sono semplicemente possibilità che non abbiamo ancora considerato. E’ un buon esercizio provare ad apprezzare punti di vista molto lontani dal nostro e dare credito a persone molto differenti da noi, che magari non ci conoscono, ma che avendo percezione di noi in un contesto specifico ci permetteranno di allargare la nostra visuale, osservandoci in maniera particolare.
Lo scopo del feedback non è tanto di essere vero quanto di essere efficace. Nel feedback che esclude il diverso, l’espressione deve essere sempre nel vero, quindi il giudizio interviene in ogni fase. Non è permesso sbagliare o includere ciò che solitamente escludiamo. Il feedback ha valore, invece, proprio perché riesce a farci visualizzare ciò che abbiamo espresso in quel momento.
Non dobbiamo avere paura di esplorare la nostra area cieca, che è un nemico se rimane sconosciuta, un valore aggiunto se viene indagata. Capire le motivazione che portano le persone a rappresentarci in un determinato modo ci aiuta ad acquisire una nuova consapevolezza di noi e a cogliere comportamenti volontari e involontari che abbiamo espresso e che sono stati percepiti oltre alle nostre intenzioni o semplicemente in modo differente.
Roberto Zintl